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“La nebbia che respiro ormai
si dirada perché davanti a me
un sole quasi bianco sale ad est
la luce si diffonde ed io
questo odore di funghi faccio mio
seguendo il mio ricordo verso est
Piccoli stivali e sopra lei
una corsa in mezzo al fango e ancora lei
poi le sue labbra rosa e infine noi
scusa se non parlo ancora slavo
mentre lei che non capiva disse bravo
e rotolammo fra sospiri e “da”
Poi seduti accanto in un’osteria
bevendo un brodo caldo che follia
io la sentivo ancora profondamente mia
ma un ramo calpestato ed ecco che
ritorno col pensiero
e ascolto te, il passo tuo
il tuo respiro dietro me
A te che sei il mio presente
a te la mia mente
e come uccelli leggeri
fuggon tutti i miei pensieri
per lasciar solo posto al tuo viso
che come un sole rosso acceso
arde per me.
Le foglie ancor bagnate
lascian fredda la mia mano e più in là
un canto di fagiano sale ad est
qualcuno grida il nome mio
smarrirmi in questo bosco volli io
per leggere in silenzio un libro scritto ad est
Le mani rosse un poco ruvide
la mia bocca nell’abbraccio cercano
il seno bianco e morbido tra noi
dimmi perché ridi amore mio
proprio così buffo sono io
la sua risposta dolce non seppi mai
L’auto che partiva e dietro lei
ferma sulla strada lontano ormai
lei che rincorreva inutilmente noi
un colpo di fucile ed ecco che
ritorno col pensiero
e ascolto te, il passo tuo
il tuo respiro dietro me
A te che sei il mio presente
a te la mia mente
e come uccelli leggeri
fuggon tutti i miei pensieri
per lasciar solo posto al tuo viso
che come un sole rosso acceso
arde per me”.
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Lucio Battisti, La luce dell’est – 6:18
(Mogol, Lucio Battisti)
Album: Il mio canto libero (1972)
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Significato e citazioni.
“La luce dell’est è un brano musicale scritto nel 1972 da Mogol e Lucio Battisti. È stato pubblicato nel novembre di quell’anno come prima traccia dell’album Il mio canto libero. Il testo è formato da cinque parti intercalate, di cui tre si svolgono nel presente e due riguardano un lontano struggente ricordo. Un uomo passeggiando in compagnia in un bosco, ripensa ad una donna slava conosciuta durante un viaggio nell’Europa orientale (si vedano i riferimenti linguistici). Con lei ha vissuto un sentimento intenso e ingenuo ma tutto si è interrotto bruscamente con la partenza di lui; l’episodio meno chiaro è proprio la sua fuga, che tuttavia appare inevitabile (si potrebbe pensare ad un ragazzo non autonomo, in viaggio con i familiari o con compagni, che deve rientrare con loro). Il passaggio tra i brani riguardanti i ricordi e quelli riferiti al presente è scandito da un rumore (prima un ramo calpestato, poi un colpo di fucile) che lo distrae dai ricordi e lo riporta a pensare alla sua attuale compagna che gli è accanto e che lo investe di un sentimento non meno forte della dolcezza del ricordo. Molto diffusa, come è possibile verificare anche in rete, l’interpretazione erronea del testo che, non distinguendo i ricordi dalle parole riguardanti il presente, giunge perfino a attribuire il colpo di fucile da caccia del presente, che riporta alla realtà il protagonista assorto nei pensieri, ad una pretesa uccisione della donna che, nell’immagine forse più forte dell’intero testo, non riusciva a frenare l’impeto di inseguire a piedi l’auto con cui lui se ne andava o veniva “portato via””.
(Wikipedia, voce La luce dell’est)
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Premessa: ho sempre amato gli amori sinceri, quelli che dove un uomo e una donna si dicevano tutto, dove non c’erano segreti, dove si viveva tutto nel bene e nel male. Pertanto, quando ascoltai questo brano di Battisti, dove c’era un tipo che amava una ragazza “slava” (oggi si potrebbe dire dell’est), e dopo averla illusa la lasciava sul ciglio di una strada, mentre lui fuggiva con la macchina… oddio, è stata sempre un’immagine che ha pervaso la mia coscienza e mi ha fatto pensare con orrore a questo stronzissimo modo di fare di alcuni uomini. Ora il problema è che dopo qualche anno da questo incontro/scontro con Battisti mi sono innamorato perdutatamente di una ragazza rumena. Lei straordinariamente sincera, e per fortuna parlava un po’ d’italiano, non come la tipa della canzone che diceva solo “da, da”. E’ stato un anno fenomenale, mai stato così bene nella mia vita, un amore vero, purissimo, intoccabile, sacrosanto, inviolabile… fino a quando non ho conosciuto una stronzissima ragazza italiana al mare, che si è fatta mettere incinta… sembra maschilismo acuto, ma non lo è, credetemi… morale della favola: adesso sono sposato con una donna di cui non sopporto nemmeno la vista, ho un bimbo di due anni bello come il sole (speriamo abbia ripreso da me, poveraccio)… e la mia ex rumena mi ha fatto tornare in mente questa canzone, perché stavolta quella carogna sono stato io, l’ho lasciata da sola a rincorrermi mentre andavo via, piangendo… sono un infame involontario, ma pur sempre un infame…
Caro Alieno, non sembra maschilismo acuto, lo è proprio! Ti sei voluto divertire e non hai pensato alle conseguenze, questo avresti dovuto dire per non fare il maschilista. Invece hai usato dei termini precisi….
“Una stronzissima ragazza” che si è fatta mettere incinta, ma guarda! E al momento opportuno, sicuramente ti ha legato e ha estratto dal tuo corpo il necessario per poter diventare madre. Chissà in quel momento a cosa pensavi….forse ai petardi di capodanno…Poverino, tu così innamorato di un amore inviolabile e sincero hai dovuto sposarti (sicuramente sempre costretto dall’arpia di cui non tolleri la vista) Gesù, quanta debolezza.