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“Ve spiego in tre parole
perché sono andato via da Roma nel ’51
E me andavo da quella
Roma addormentata
quella Roma dove le domande
erano sempre già chiuse
dove ce voleva ‘na raccomandazione
Me andavo da quella Roma
che ci invidiano tutti
la Roma caput mundi
del Colosseo
dei Fori imperiali
di piazza Venezia
dell’Altare della patria
dell’Università di Roma
quella Roma sempre col sole
estate e inverno
quella Roma che è meglio di Milano
Me andavo da quella Roma
dove la gente pisciava per le strade
quella Roma fetente e impiegatizia
quella Roma dove non c’è lavoro
dove non c’è ‘na lira
quella Roma der còre de Roma
quella Roma del Foro
che portava e porta ancora
il nome di Mussolini
me n’andavo da quella Roma di merda
Mamma Roma! Addio
Me ne vado da una Roma che è meravijosa
quella bella sbiascicata, rozza e caciarona
me ne vado da una Roma senza prospettive
una Roma che fortuna sa ancora sorride
me ne vado dalla Roma di quel 71 Lulic
der giocamose er picchetto che stamo sicuri
la Roma der Francesco ce n’è uno
quale Papa, er Capitano, tutto il resto nun te inculo
La Roma del “a Chicco c’hai da vende du cannette?”
la Roma del frate nun passa, famosela a fette
la Roma dei notturni che so come dei fantasmi
che nun vengono e se vengono te sfrecciano davanti
Me ne vado da una Roma di promesse mantenute poco
colpa di sciacalli che se pensano che è un gioco
la Roma de dumila impicci, zitto, bono aò
la Roma che fa capricci e la mafia è un tv show
La Roma del “sti cazzi, sempre a ciancicà politica”
la Roma che ti isola, ti ama e poi ti stritola
me ne vado dalla Roma tappa fissa ar bangladino
carichi di birre sopra un cinquantino
Roma de Cavour, del 3, 14 e le sbronze
la Roma che distoglie dalle giornate storte
la Roma dei cornetti caldi, quella der Libano e Dandi
quella che noi se va avanti, quella che semo ignoranti
Me ne vado dalla Roma dei cannoni al branca,
dei cenoni con la banda sulla mia terrazza
la Roma de San Pietro, delle birre sulla ferrovia
come quella che sta sera mi ti sta portando via
La Roma der supplì, Roma d’imperatori
la Roma di Primavalle mica quella dei Parioli
la Roma che amo come l’aroma di rosmarino
quella che lavora e non vorrebbe la Marino
La Roma der colle, di quel bel cielo da urlo
la Roma de Primo, poeti del trullo er turco
la Roma del detestare il raccordo e la tangenziale
la Roma del Quirinale e di Zerocalcare
La Roma do sta mi madre, la Roma che è un po’ mi madre
la Roma che so rimare senza faticare
come un drink al bare, in qualche aperitivo grezzo
con le facce da far pena, altro che apericena
La Roma del mio Seneca, Virgilio, del Mamiani
la Roma dell’america nel core de noantri
la Roma de Cornelia fino a giù Prati Fiscali
passando per Villa Ada e per i Musei Vaticani
La Roma adornata dalle mani del Bernini
per poi venir rovinata da ‘na mandria di cretini
Roma che d’estate nun è Roma ma Ladispoli
e d’inverno è bombe a casa perché mancano gli spicci
Mamma Roma vado, guardami partire
mando un bacio ar Tevere e ad il suo ingiallire
du pacchi de rigatoni fra i maglioni nella borsa
li pe dammé forza che quassù é tutta una corsa
Mamma Roma, addio…”.
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Cranio Randagio, Mamma Roma, addio – 3:44
Album: 0602 – Crescere (2015)
Brano inserito nella rassegna I luoghi del cuore di InfinitiTesti.
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Riferimenti.
L’incipit della canzone è tratto dalla celebre poesia Mamma Roma addio! di Remo Remotti.
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